Il femminicidio e il coltello

E’ accaduto un’altra volta. Ancora una donna uccisa per motivi legati al genere, all’odio, al dominio, al controllo o incapacità di accettare l’autonomia femminile. E’ successo a Castelnuovo del Garda. La vittima è stata colpita con un numero smisurato di coltellate. Il coltello è l’arma usata in circa un terzo dei casi di femminicidio in Italia.

L’utilizzo del coltello per uccidere è un tragico simbolo della violenza domestica, un gesto spesso impulsivo, ma radicato in una cultura maschilista, che considera la donna una proprietà. Per fermare questi crimini non basta la repressione penale, serve una trasformazione culturale che parta dal rispetto, dall’ascolto e dall’uguaglianza di generi.

Per combattere i femminicidi dobbiamo fare tutti di più, bisogna cambiare la cultura e andare al cuore del problema. Non si tratta di raptus, non sono tragedie improvvise: sono il risultato di una cultura che per troppo tempo ha giustificato la violenza e ha minimizzato le colpe e ha reso invisibili le vittime.

Cambiare le leggi è necessario, ma non basta. Si deve cambiare la mentalità che considera le donne una proprietà, che confonde l’amore con il controllo, che trasforma la gelosia in un alibi.

Cambiare cultura significa educare al rispetto, fin dai primi anni di vita. Significa imparare a dire “no” alla violenza, ma anche ai comportamenti e alle parole che la alimentano ogni giorno: le battute sessiste, le giustificazioni verso chi le ferisce.

Serve un impegno collettivo: nelle scuole, nei media, nelle famiglie, nei luoghi di lavoro. Solo così potremo costruire una società in cui essere donna non sia mai più un rischio.

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