Vediamo come nasce la memoria nei bambini e come si sviluppa nel corso della loro crescita.
La memoria nei bambini è fondamentale e, come scopriamo a breve, occorre stimolarla fin dai primi mesi di vita.
Nel neonato la capacità di formare schemi percettivi è fondamentale per riconoscere fisionomie, voci, oggetti, situazioni, inoltre è basilare per creare i primi rapporti affettivi, registrare esperienze, riconoscerle e paragonarle ad altre simili.
Questa capacità oltre a dipendere dalla maturazione sensoriale del neonato, ovvero vista, udito, olfatto, tatto e gusto dipende anche dalla qualità affettiva che riceve.
Il neonato sviluppando le capacità di memoria può iniziare a formare schemi più complessi, quindi non limitarsi a reagire a ciò che già conosce, bensì iniziare ad agire.
La memoria permette di ricordare e riconoscere ciò che è noto, evocare fino a confrontare le informazioni nuove con quelle già esistenti dentro di noi.
La prima forma viene definita memoria di riconoscimento, poiché permette al neonato di riconoscere uno stimolo già riscontrato in precedenza.
È un tipo di memoria dichiarativa e viene elaborata in due modi: ricordo o familiarità.
In entrami i casi è necessario uno stimolo per attivare un ricordo.
Lo studio della memoria di riconoscimento iniziò a livello formale nel 1800, seguendo poi le nuove scoperte nella scienza del cervello.
I primi ricercatori affermarono che l’uso della memoria di riconoscimento avveniva solo quando la mente non funzionava al massimo delle sue capacità e, dato che il cervello dei neonati è in costante formazione, quella di riconoscimento è la prima forma.
Facciamo alcuni esempi di memoria nei bambini
Un bambino di 5 o 6 mesi riconosce un oggetto se è presente, poiché non è ancora in grado di evocare.
Lo stesso vale per le persone del suo ambiente familiare.
Il neonato può riconoscere il volto del fratellino se è di fronte a lui, altrimenti non può recuperarlo dalla sua memoria.
Questo schema tende a stabilizzarsi fra gli 8 e 12 mesi, quando il neonato inizia a ricordare eventi per tempi più lunghi, e viene definita “memoria di lavoro”.
La stessa cosa che accade in noi adulti, quando riusciamo a ricordare immagini o cifre per diversi secondi senza dover prendere appunti.
La memoria di lavoro è un modello introdotto nel 1974 dallo psicologo britannico Alan Baddeley e da Graham Hitch, professore emerito di psicologia presso l’Università di New York, per descrivere le dinamiche della memoria a breve termine.
Questa forma di memoria nei bambini compare intorno ai 5-6 mesi anche se può passare inosservata perché inizialmente agisce per periodi di tempo molto brevi.
Poi con gradualità si stabilizza in periodi sempre più lunghi, poiché la memoria nei bambini è direttamente proporzionale alla loro crescita, infatti crescendo si ricorda più a lungo.
Uno studio interessante è quello dello psicologo americano Jerome Kagan.
Come detto in precedenza la prima forma di memoria nei bambini è quella di riconoscimento, ovvero il neonato riconosce un oggetto già visto, tuttavia se non è presente non lo ricorda, ed è uno schema che si consolida fra gli 8 e 12 mesi.
Questo emerge anche da diversi test, qui vediamo uno dei più semplici, poiché facilmente ripetibile a casa.
Prendiamo due panni, meglio se di colore diverso e un oggetto, preferibilmente attraente per la vista, come ad esempio un giocattolo.
Poi di fronte al bambino nascondiamo l’oggetto sotto uno dei due panni e monitoriamo quanto tempo impiega a ricordare sotto quale panno è nascosto l’oggetto.
Ripetendo il test una volta al mese è emerso come la capacità dei bambini di ricordare dove sia nascosto l’oggetto migliora in maniera costante.
Infatti secondo lo psicologo Jerome Kagan i bambini di 18 mesi riescono a ricordare dove si trova l’oggetto anche dopo un intervallo di 10 secondi.
La memoria di riconoscimento e quella di lavoro crescono parallelamente, infatti all’età di un anno il bambino può ricordare esperienze passate per dedurre quelle attuali o future.
Ad esempio, vede mamma o papà ai fornelli e sa che sta arrivando la pappa, poiché ha visto la stessa scena nei giorni precedenti.
Questo permette anche di confrontare schemi differenti, ovvero ricordare un’esperienza passata per confrontarla con una realtà diversa.
Vediamo un esercizio interessante.
Mettiamo un oggetto di fronte al bambino ed uno specchio di fianco, di modo che l’oggetto possa riflettersi nello specchio.
Attraverso il tatto il bambino può sperimentare che l’oggetto riflesso nello specchio è diverso da quello reale.
I bambini fino agli 8 mesi non manifestano stupore o sorpresa, mentre i più grandi (circa da un anno di età in su) rimangono perplessi percependo che l’oggetto toccato non corrisponde a quello visto.
Questo deriva dalla capacità del bambino di confrontare le diverse informazioni ricevute dai sensi.
Memoria di rievocazione
La memoria di rievocazione ha uno sviluppo a lungo termine, permette di richiamare e trattenere uno schema, quindi collegare un fatto nuovo con uno già conosciuto, anche se diverso.
Infatti i bambini di 9-10 mesi se messi di fronte a un adulto sconosciuto reagiscono con diffidenza, alle volte piangono, poiché confrontandolo con il volto familiare di mamma e papà notano delle differenze, e questo crea in loro insicurezza e paura.
Invece i più piccoli non avendo memoria a lungo termine, spesso si fanno prendere in braccio da chiunque senza reazioni evidenti.
Gli psicologi infantili ipotizzano che l’acquisizione della memoria rievocativa sia una fase di sviluppo abbastanza omogenea nei bambini poiché avviene più o meno alla stessa età.
In base a ricerche e studi gli psicologi concludono che il bambino nell’arco di qualche mese, passa dal semplice riconoscimento di un evento sperimentato poco prima, alla capacità di rievocare eventi passati.
La memoria nei bambini è un aspetto fondamentale, poiché si riflette sia sulla qualità delle relazioni emotive che sulla capacità di apprendimento.